domenica 10 febbraio 2013



MENTE ACCRESCIUTA?

In un’intervista su lastampa.it dell’11 febbraio 2011, in occasione della presentazione del suo ebook “La mente accresciuta”, alla domanda “Ma è anche la generazione “dalla bassa soglia di attenzione”, quindi? In altre parole, è preferibile che i contenuti – libri, media, notizie, film – siano brevi, veloci, facilmente fruibili come un SMS o un tweet? risponde:
“Probabilmente sì, ma non è detto che questa sia una cosa negativa. Si sente e si legge molto oggigiorno in merito alle ripercussioni dei nuovi media e ai loro presunti effetti deleteri sulle menti dei nativi digitali.
Nicholas Carr si chiede con ansia se “Google ci renda stupidi”, se Internet “alteri il nostro modo di pensare rendendoci meno capaci di digerire ampie e complesse quantità di informazioni, come libri o articoli di riviste”. Dal mio punto di vista, è meglio chiedersi se l'elaborata articolazione dei messaggi non contrasti con l'inevitabile accelerazione della vita e della cultura introdotta dall'elettricità, a partire dall'avvento del telegrafo. I ritmi di vita e di apprendimento sono stati completamente alterati dalla rapida successione di enormi cambiamenti tecnologici, che includono il telefono, la radio, la televisione, i personal computer, Internet, i telefoni cellulari e le tecnologie mobili in generale.
L'attenzione a breve termine non vuol dire necessariamente attenzione debole, può significare attenzione veloce. Una cosa di cui i critici della cultura dello schermo non riescono a rendersi conto è che elaborare un'immagine richiede meno tempo rispetto all'elaborazione di anche solo una dozzina, figuriamoci un centinaio, di parole. L'attenzione a breve termine è quello che ci vuole per far fronte a richieste rapide, ma non preclude un'attività di pensiero più profonda. Quando hai davvero bisogno di approfondire e concentrarti, puoi farlo. Non è più una questione di immagazzinare informazioni. Perché preoccuparsene, dato che è tutto intorno a te? È più che mai una questione di contesto e di interesse. I ragazzini pensano di non amare lo studio perché il sistema educativo fallisce sistematicamente nel coinvolgerli. E questo li manda fuori di testa.
Da parte sua, come non citare le geremiadi di Sherry Turkle a proposito del fatto che le tecnologie della comunicazione stanno isolando le persone, limitando le reali interazioni umane, in una “realtà virtuale che non è altro che una brutta imitazione del mondo vero”. Perché sento una strana sensazione di “déjà vu”? Perché ho già sentito tutto ciò a proposito della televisione e non si è rivelato vero, quindi ho la tendenza a dubitare. In realtà, la mia esperienza è che, almeno per quanto riguarda i miei studenti, sì, è vero, loro non leggono molto, ma di certo sanno come visionare e esplorare Internet, trovare contenuti pertinenti e focalizzarsi sul materiale da loro selezionato. Stupido è chi non usa Google. Per quanto riguarda l'isolamento, possiamo rispondere a Turkle che Twitter, le email, i social media, piuttosto che isolarci in camera nostra, davvero ci mettono continuamente in contatto gli uni con gli altri”.
Argomentazioni sufficienti per affermare che la rete ci rende “migliori”? A livello globale sembrerebbe proprio di sì, ma a livello personale, quello del singolo individuo? Un antico Egizio da solo sarebbe riuscito a costruire una piccola abitazione, ma insieme ad altre migliaia di individui è riuscito ad edificare una piramide. L’aver partecipato alla costruzione di un così celebre poliedro lo ha dotato delle “competenze” per costruirsi una casa “migliore”? O forse a lungo andare l’ha reso parte di qualcosa di grandioso a scapito della propria identità personale? 

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