CIFRE E LETTERE
Con le cifre si costruiscono i numeri, con le lettere le parole. Simboli che come amminoacidi si uniscono a formare le proteine, i mattoni del nostro corpo, del nostro linguaggio, del nostro pensare, del nostro parlare. A volte si suppliscono vicendevolmente: in algebra le lettere consentono di generalizzare, solo l'aritmetica è territorio delle sole cifre. Nei messaggi dei giovani spesso si abbrevia trasformando uno in 1, due in 2 e così via ... così diversi eppure complementari, dividono umanisti da scientifici, le regole dalla creatività, il certo dal vago, il conosciuto al misterioso, dal definito all'enigmatico.
Rifrazioni filosofiche
sabato 6 aprile 2013
martedì 19 febbraio 2013
GALASSIA INTERNET
Da una scorsa rapida al saggio “Galassia Internet” di Manuel Castells,
emerge la posizione dell’autore che identifica la Galassia Internet come un ambiente nuovo, fortemente interattivo, in cui gli abitanti della
Terra comunicano, hanno relazioni e scambiano beni, pensieri, opinioni secondo
modalità differenti che dipendono dalla cultura, dalle tradizioni, dai luoghi e
in generale dalle caratteristiche delle diverse popolazioni. È nata una società
nuova, una società di rete, che si trova ad affrontare tre grandi sfide.
1. LIBERTÀ.
La rete garantisce
una grado di libertà nella comunicazione che mai prima d’ora si era vista. La
comunicazione in Internet è totalmente libera e raggiunge a livello potenziale
ogni abitante del pianeta (comunicazione globale), costituendosi come elemento
imprescindibile per qualsiasi tipo di attività che vede coinvolti due o più
soggetti.
2. ESCLUSIONE DALLE RETI.
La scarsa diffusione,
almeno a livello globale, delle strutture deputate all’accesso alla rete si
affianca a difficoltà di carattere culturale, politico, istituzionale ed
economico che possono sfociare in veri e propri ostacoli e portare
all’isolamento di una parte della popolazione mondiale. Si crea in questo modo
una sorta di suddivisione del pianeta in un emisfero connesso alla rete che
gode di tutte le opportunità che questa offre ed un emisfero non connesso che
ne rimane escluso.
3. CAPACITÀ DI TRATTAMENTO DELLE INFORMAZIONI E GENERAZIONE DEL SAPERE.
Ogni individuo deve essere
dotato delle capacità di scegliere, operare e gestire le informazioni, per poi elaborarle
e trasporle in nuove conoscenze. Tali abilità si rendono
necessarie soprattutto per le nuove generazioni che saranno costrette dal ritmo
sempre più incalzante delle innovazioni tecnologiche ad imparare in modo sempre
più elastico ed efficace per tutta la durata della propria vita (lifelong
learning) e a produrre soluzioni creative a problemi sempre nuovi.
Leggendo “Se non vi occuperete delle
reti, in ogni caso saranno le reti ad occuparsi di voi. Se avete intenzione di
vivere nella società, in questa epoca e in questo posto, dovrete fare i conti
con la società in rete” mi viene in mente la figura del clochard che vive ai
margini della società, che è suo malgrado seguito da assistenti sociali e
volontari che si occupano di lui. È forse questa la fine di chi non vorrà far
parte della “vostra società di rete”?
venerdì 15 febbraio 2013
JOHN DEWEY
Il filosofo e pedagogista statunitense John Dewey (1859–1952) ha dato un forte e decisivo contributo alla visione culturale e politica di fine Ottocento e inizio Novecento. Fu interessato al miglioramento e al rinnovamento dei sistemi educativi, si occupò di questioni politiche, sociali ed etiche.
Influenzato nella sua formazione dal Darwinismo e dal pragmatismo americano, dopo aver conseguito la laurea nel 1884, con una tesi sulla psicologia in Immanuel Kant, Dewey si dedicò all'insegnamento universitario. Nel 1896 fondò la scuola-laboratorio dell'università di Chicago, nella quale veniva applicato il metodo pedagogico attivo teorizzato dallo stesso Dewey.
Secondo il pedagogista americano il pensiero ha origine dall’esperienza di un individuo, un’esperienza sociale che nasce dal rapporto attivo tra l’uomo e l’ambiente.
L'educazione ha il compito di mettere a disposizione nuove esperienze al fine di potenziare le capacità già presenti nel soggetto e svilupparne di nuove.
L'esperienza educativa ha origine nella vita di tutti i giorni, nell’interazione tra gli uomini e tra essi e l’ambiente fisico che li circonda. Tutto quanto è stato appreso attraverso la sperimentazione personale, deve essere analizzato e strutturato in modo organizzato.
Le situazioni vissute dal soggetto acquistano una valenza educativa solo se determinano l'espansione e l'arricchimento dell'individuo.
L'ambiente sociale che Dewey identifica come idoneo a sviluppare le potenzialità dell’uomo è la società democratica. In tale contesto è necessaria la collaborazione e la compartecipazione di tutti verso un obiettivo comune. il bene della società.
Per essere un membro attivo di una società democratica una persona dovrebbe possedere quattro requisiti:
- l’alfabetizzazione che offre le stesse possibilità anche alle classi svantaggiate;
- le competenze culturali e sociali;
- il pensiero indipendente che, se diffuso nei membri della società, la difende dall’affermazione di un pensiero unico (indottrinamento);
- la predisposizione alla condivisione.
Proprio sulla base di queste considerazioni Dewey attribuisce all’educazione un ruolo fondamentale e imprescindibile nella creazione di una società democratica.
Dewey applica il suo pensiero filosofico, basato sull'esperienza, all'insegnamento scolastico.
Il cardine dell’attività didattica da parte degli educatori è quella di creare delle esperienze che nascono dagli interessi naturali degli alunni. La funzione dell’insegnante è assecondare tali interessi, accompagnando/supervisionando la crescita e lo sviluppo del senso di socialità.
La scuola si configura, nel pensiero di Dewey, come un'istituzione sociale, che esprime la vita reale di un certo periodo storico e di una certa società. I bambini, attraverso dei percorsi che “riproducono” le attività della vita reale, acquistano maggiori capacità di partecipazione alle attività famigliari e di integrazione nella vita sociale.
La scuola di Dewey è attiva (attivismo pedagogico); il bambino, infatti, affronta in modo propositivo e attivo le situazioni problematiche che gli educatori prima, e la vita poi, gli pongono di fronte. Elabora e sperimenta le sue strategie, formula congetture per verificare o falsare le sue ipotesi, valuta e accetta le conseguenze delle proprie azioni ed è in grado di assumersi le proprie responsabilità.
La scuola di Dewey è progressiva; lo sviluppo del bambino è continuo e progressivo. La scuola non è una stazione di passaggio, un parcheggio, ma rappresenta un luogo di vita sociale.
Dewey individua tre fasi evolutive:
- dai 4 agli 8 anni l’interesse dei bambini è rivolto a bisogni istintuali che emergono spontaneamente e si manifestano con il gioco e l'attività ludica;
- dai 9 ai 12 anni il bambino frequenta la scuola primaria dove è impegnato in attività lavorative che consentono all’individuo di acquisire le abitudini culturali della società in cui vive;
- dai 12 ai 14 anni all'alunno, frequentante la scuola media, è offerta l’opportunità di approfondire e accrescere le sue conoscenze astratte svolgendo attività di studio in biblioteca ed in laboratorio.
.L'Attivismo di Dewey ha portato alla creazione di una scuola non convenzionale, che abbandonato il nozionismo e l'ascolto passivo delle lezioni da parte degli studenti, ha attribuito grande importanza alle loro attitudini e ai loro interessi. Non si tratta, come in passato, di una scuola dei maestri, ma di una scuola degli studenti.
Per Dewey non è fondante la scelta dei contenuti, anche se importante, ma il metodo; lo studio non deve essere limitato all’analisi e alla rielaborazione del passato, ma proiettato allo sviluppo delle azioni future. Compito della scuola è stimolare la curiosità della ricerca e supportare e potenziare le capacità critiche dell’individuo.
Nella scuola proposta da Dewey i bambini imparano a leggere, a scrivere, a far di conto attraverso lavori domestici, agricoli e artigianali. Questi sono strumenti formativi che favoriscono una corretta interpretazione della realtà.
Nelle speranze di Dewey il suo modello di scuola dovrebbe superare la tradizionale separazione tra cultura tecnica, riservata alle classi minori, e cultura umanistica, prerogativa delle classi dirigenti, così da garantire a tutti un’educazione democratica.
Il metodo su cui si basa la scuola attiva di Dewey è l'indagine attraverso l'esperienza diretta. Alla base del suo credo pedagogico sta il puerocentrismo che colloca al centro dell’azione educativa il bambino. Questi è rispettato nella sua dimensione infantile, non è forzato a raggiungere nel più breve tempo possibile lo stato di adulto.
Gli studi e le ricerche degli psicologi, soprattutto quelli in campo evolutivo e dell’apprendimento, determinano una continua revisione dell’approccio pedagogico. L’infanzia è riconosciuta come il periodo più produttivo, ma anche come il più traumatico, nella formazione della personalità dell'individuo. Difficoltà o ostacoli in questa fase evolutiva possono avere ripercussioni, a volte anche non risolvibili, in età adulta.
La crescita del bambino deve essere quanto più armonica e serena possibile, deve svilupparsi secondo i propri tempi e i propri ritmi, senza forzature.
L’insegnante abbandona i panni del trasmettitore di conoscenze e veste quelli di guida, ovvero di facilitatore nel processo di scoperta. Questi cerca di personalizzare gli interventi didattici in funzione degli interessi e dei bisogni del bambino.
Si instaura un forte e indissolubile legame tra la vita reale e il mondo della scuola. L’apprendimento non è consacrato ai soli aspetti teorici ed astratti, ma si apre anche all'esperienza pratica, grazie all’accesso a laboratori. Ogni bambino è stimolato dalle diverse proposte secondo le caratteristiche proprie e vede nascere un rinnovato interesse verso lo studio.
La pedagogia di Dewey ha carattere non direttivo, non necessita, quindi, di un continuo intervento dell’educatore volto ad indirizzare e guidare lo sviluppo del bambino; questi acquisirà un livello adeguati di autocontrollo e autoregolazione per mezzo di scelte libere effettuate in un ambiente educativo adatto.
Tale ambiente deve garantire e favorire le attività d'indagine e di apprendimento del bambino, che possono essere concretizzate attraverso attività ludiche di scoperta e di formulazione e verifica di ipotesi personali. Gli alunni sono lasciati liberi di muoversi nell'ambiente, prendono confidenza con il mondo esterno toccando e manipolando oggetti, assaporando sapori, annusando profumi ed odori. La mano, come afferma Maria Montessori, è l'organo dell'intelligenza.
La scuola voluta da Dewey è in definitiva funzionale agli interessi dei discenti, non impostata sul nozionismo e sull'ascolto passivo degli insegnanti. Il bambino è il protagonista attivo del processo educativo, le attività sono facoltative, i bambini autogestiscono la vita della scuola concordando le regole della vita comune attraverso delle assemblee, in una relazione di condivisione con gli insegnanti.
domenica 10 febbraio 2013
MENTE ACCRESCIUTA?
In un’intervista su lastampa.it dell’11 febbraio
2011, in occasione della presentazione del suo ebook “La mente accresciuta”, alla
domanda “Ma è anche la generazione
“dalla bassa soglia di attenzione”, quindi? In altre parole, è preferibile che
i contenuti – libri, media, notizie, film – siano brevi, veloci, facilmente
fruibili come un SMS o un tweet?” risponde:
“Probabilmente sì, ma non è detto
che questa sia una cosa negativa. Si sente e si legge molto oggigiorno in
merito alle ripercussioni dei nuovi media e ai loro presunti effetti deleteri
sulle menti dei nativi digitali.
Nicholas Carr si chiede con ansia se “Google ci renda stupidi”, se Internet “alteri il nostro modo di pensare rendendoci meno capaci di digerire ampie e complesse quantità di informazioni, come libri o articoli di riviste”. Dal mio punto di vista, è meglio chiedersi se l'elaborata articolazione dei messaggi non contrasti con l'inevitabile accelerazione della vita e della cultura introdotta dall'elettricità, a partire dall'avvento del telegrafo. I ritmi di vita e di apprendimento sono stati completamente alterati dalla rapida successione di enormi cambiamenti tecnologici, che includono il telefono, la radio, la televisione, i personal computer, Internet, i telefoni cellulari e le tecnologie mobili in generale.
L'attenzione a breve termine non vuol dire necessariamente attenzione debole, può significare attenzione veloce. Una cosa di cui i critici della cultura dello schermo non riescono a rendersi conto è che elaborare un'immagine richiede meno tempo rispetto all'elaborazione di anche solo una dozzina, figuriamoci un centinaio, di parole. L'attenzione a breve termine è quello che ci vuole per far fronte a richieste rapide, ma non preclude un'attività di pensiero più profonda. Quando hai davvero bisogno di approfondire e concentrarti, puoi farlo. Non è più una questione di immagazzinare informazioni. Perché preoccuparsene, dato che è tutto intorno a te? È più che mai una questione di contesto e di interesse. I ragazzini pensano di non amare lo studio perché il sistema educativo fallisce sistematicamente nel coinvolgerli. E questo li manda fuori di testa.
Da parte sua, come non citare le geremiadi di Sherry Turkle a proposito del fatto che le tecnologie della comunicazione stanno isolando le persone, limitando le reali interazioni umane, in una “realtà virtuale che non è altro che una brutta imitazione del mondo vero”. Perché sento una strana sensazione di “déjà vu”? Perché ho già sentito tutto ciò a proposito della televisione e non si è rivelato vero, quindi ho la tendenza a dubitare. In realtà, la mia esperienza è che, almeno per quanto riguarda i miei studenti, sì, è vero, loro non leggono molto, ma di certo sanno come visionare e esplorare Internet, trovare contenuti pertinenti e focalizzarsi sul materiale da loro selezionato. Stupido è chi non usa Google. Per quanto riguarda l'isolamento, possiamo rispondere a Turkle che Twitter, le email, i social media, piuttosto che isolarci in camera nostra, davvero ci mettono continuamente in contatto gli uni con gli altri”.
Nicholas Carr si chiede con ansia se “Google ci renda stupidi”, se Internet “alteri il nostro modo di pensare rendendoci meno capaci di digerire ampie e complesse quantità di informazioni, come libri o articoli di riviste”. Dal mio punto di vista, è meglio chiedersi se l'elaborata articolazione dei messaggi non contrasti con l'inevitabile accelerazione della vita e della cultura introdotta dall'elettricità, a partire dall'avvento del telegrafo. I ritmi di vita e di apprendimento sono stati completamente alterati dalla rapida successione di enormi cambiamenti tecnologici, che includono il telefono, la radio, la televisione, i personal computer, Internet, i telefoni cellulari e le tecnologie mobili in generale.
L'attenzione a breve termine non vuol dire necessariamente attenzione debole, può significare attenzione veloce. Una cosa di cui i critici della cultura dello schermo non riescono a rendersi conto è che elaborare un'immagine richiede meno tempo rispetto all'elaborazione di anche solo una dozzina, figuriamoci un centinaio, di parole. L'attenzione a breve termine è quello che ci vuole per far fronte a richieste rapide, ma non preclude un'attività di pensiero più profonda. Quando hai davvero bisogno di approfondire e concentrarti, puoi farlo. Non è più una questione di immagazzinare informazioni. Perché preoccuparsene, dato che è tutto intorno a te? È più che mai una questione di contesto e di interesse. I ragazzini pensano di non amare lo studio perché il sistema educativo fallisce sistematicamente nel coinvolgerli. E questo li manda fuori di testa.
Da parte sua, come non citare le geremiadi di Sherry Turkle a proposito del fatto che le tecnologie della comunicazione stanno isolando le persone, limitando le reali interazioni umane, in una “realtà virtuale che non è altro che una brutta imitazione del mondo vero”. Perché sento una strana sensazione di “déjà vu”? Perché ho già sentito tutto ciò a proposito della televisione e non si è rivelato vero, quindi ho la tendenza a dubitare. In realtà, la mia esperienza è che, almeno per quanto riguarda i miei studenti, sì, è vero, loro non leggono molto, ma di certo sanno come visionare e esplorare Internet, trovare contenuti pertinenti e focalizzarsi sul materiale da loro selezionato. Stupido è chi non usa Google. Per quanto riguarda l'isolamento, possiamo rispondere a Turkle che Twitter, le email, i social media, piuttosto che isolarci in camera nostra, davvero ci mettono continuamente in contatto gli uni con gli altri”.
Per l’intero articolo www.lastampa.it/2011/02/16/tecnologia/stupido-e-chi-non-usa-google-llnKyASq1ivPBXii7JR0ZP/pagina.html
Argomentazioni sufficienti per affermare che la rete
ci rende “migliori”? A livello globale sembrerebbe proprio di sì, ma a livello
personale, quello del singolo individuo? Un antico Egizio da solo sarebbe
riuscito a costruire una piccola abitazione, ma insieme ad altre migliaia di
individui è riuscito ad edificare una piramide. L’aver partecipato alla
costruzione di un così celebre poliedro lo ha dotato delle “competenze” per
costruirsi una casa “migliore”? O forse a lungo andare l’ha reso parte di
qualcosa di grandioso a scapito della propria identità personale?
venerdì 8 febbraio 2013
DIDATTICA ALTERNATIVA VERSUS DIDATTICA CONSERVATIVA
Sono pochi i genitori illuminati che apprezzano e valorizzano un approccio "alternativo" alla didattica e di conseguenza all'apprendimento. Certo un repentino miglioramento delle valutazioni potrebbe indurre qualche genitore a rivedere l'iniziale perplessità. Una metodologia nuova, però, se proposta a studenti abituati ad una didattica tradizionale, richiede tempo per essere calibrata ed adattata alla classe e quindi per raggiungere buoni risultati. La personalizzazione degli apprendimenti è spesso vista come un'opportunità per lo studente di scegliere gli argomenti preferiti, evitare le materie a lui meno congeniali, lavorare meno e in modo più "rilassante".
Un messaggio dovrebbe essere chiaro a studenti, genitori, ...
"Studiare costa fatica".
Si dice che Euclide alla richiesta da parte di Tolomeo I di ricevere una semplice introduzione alla geometria, abbia stroncato le pretese del primo re ellenistico d'Egitto (non uno qualsiasi) sentenziando "non esiste nessuna strada regia che porti alla geometria". In un'altra occasione, un suo "studente" gli domandò quale utilità avesse lo studio della geometria, Euclide ordinò ad un suo schiavo di dare una moneta all'allievo "perché ha bisogno di trarre guadagno da ciò che impara" e lo allontanò ...
sabato 26 gennaio 2013
Il pensiero viaggia a velocità superliminali, non ha massa, così le distanze si accorciano ed il tempo si dilata.
La velocità di pensiero e la capacità di adeguare il proprio stile
cognitivo ai cambiamenti in tempi rapidi consentono di non inseguire, ma di
anticipare in modo efficacie le mosse degli altri.
Spegni la luce, chiudi gli occhi, il pensiero si sopisce, il respiro
rallenta, il cuore batte lieve e cadenzato, la tranquillità e la pace sembrano
vegliarti, ma il tempo non aspetta, lui non riposa, corre veloce, non puoi
inseguirlo, non puoi raggiungerlo, lui sarà sempre vincitore nella competizione
che chiamiamo vita.
Il tempo è, il passato non è più, il presente già è passato, del futuro
non sappiamo. Il tempo è giudice del nostro agire, del nostro essere mutevole e
capriccioso.
PARACELSO
Le sue teorie furono da guida per i
suoi seguaci. Sulla considerazione degli osservatoti successivi è sufficiente
la sentenza di Charleton che così parla
dei seguaci di Paracelco “stupidi ammiratori di quel bizzarro ubriacone”.
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